Appare in un elenco del 1260, viene intitolata ai santi patroni nel 1450, ricostruita nel 1579 e rinnovata nelle forme odierne entro il 1809, per essere consacrata nel 1858. Presenta un’ampia cupola e uno spazio architettonico nobilmente ritmato, che termina nella facciata ispirata a motivi neoclassici con paraste ioniche e un bel portale in pietra di Zandobbio. Alle tele di buon livello del XVI-XVII-XVIII secolo, molte ancora di incerta attribuzione, si alternano affreschi novecenteschi realizzati da Francesco Domeneghini e Arturo Monzio Compagnoni: raffigurano le Beatitudini, gli Evangelisti, Cristo Re e i santi Titolari e sono distribuiti nel catino absidale, nella cupola e nel lunettone della facciata. La tela con il Battesimo di Gesù e la Via Crucis sono di Vittorio Manini e sono state realizzate nel 1942 e 1955. Sei busti di apostoli risalenti al XVII secolo sono collocati nell’attigua chiesina, gli altari sono sette-ottocenteschi, l’organo settecentesco e il coro è del 1880.
Esempio di arte romanica risalente al XII secolo, gode di una magnifica posizione panoramica ed ospita una festa popolare di grande richiamo il 25 aprile.
La devozione risale al 3 gennaio 1417, quando a due mercanti forestieri apparve la Madonna seduta su di un trono circondato da rose entro una torre in rovina: la Vergine indicò loro la strada da percorrere da Albano verso Bergamo, scomparsa sotto la neve e confusa tra il buio della notte e la boscaglia, che aveva lasciato i malcapitati avvolti nella morsa del gelo. Avuta salva la vita, i due fecero voto di erigere una cappella nel punto in cui vennero indirizzati verso la salvezza e, nel tempo, anche gli abitanti del luogo vollero ricordare il fatto miracoloso in uno degli altari della chiesa parrocchiale. Allo scoppio del colera nel 1855, i fedeli vengono esortati dal parroco a sostituire la primitiva cappella con un santuario, terminato nel 1858 e subito riedificato nel 1883, in quanto ritenuto piccolo e angusto. La devozione aumenta durante la II Guerra Mondiale, quando madri e spose raccomandano alla Vergine i loro cari, affinché li riconducesse a casa, così come fatto per i due mercanti.
Villa Salvi Gallizioli, ricostruita nel secolo XVIII – XIX con affreschi di G.B. Guadagnini e del Carnelli. Al suo interno un magnifico giardino e parco. Il secolo di maggior fioritura delle ville per il territorio bergamasco fu l’Ottocento, molto spesso queste ville esistevano già, ce lo testimoniano alcune sale decorate con gusto barocco e rococò, ma cambiarono completamente aspetto tra gli ultimi decenni del XVIII secolo e i primi del XIX. A questa trasformazione contribuirono sia fattori economici sia culturali.
Questo rinnovamento delle strutture architettoniche più antiche si verificò appunto per la Villa Salvi Gallizioli, che doveva appartenere nel XVII secolo alla famiglia Gallizioli. Alla famiglia Simoni, con ogni probabilità si deve la nuova villa, che rimane piuttosto chiusa verso il giardino.